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Being a little gear

Sul fattoquotidiano c’è un canale seguito da Andrea Valdambrini sui cervelli in fuga, dove si raccontano le storie di esuli italiani fuggiti dall’Italia, molte volte non per scelta, ma per necessità.

Molti di questi sono scienziati, la cui capacità non vengono valutate secondo criteri meritocratici, ma secondo criteri di conoscenze e parentele. Ok, same old story fino a qui.
L’unica cosa interessante è che di queste cose bisogna parlarne e siccome è appena uscito un articolo che proviene da Cambridge, dove momentaneamente risiedo, e visto che il contatto tra Chiara ed Andrea sono stato io, pensavo che era interessante linkarlo.

Lo trovate qui.

Come ha scritto un commentatore sul fatto, questa non è una storia isolata, ma un’atteggiamento sistematico del sistema Italico verso persone brave e competenti, che vengono scartate a favore di qualcuno che invece non è capace di fare quel lavoro. O a favore di un depauperamento della ricerca, chiudendo i finanziamenti alla ricerca di base che è appunto di base, e senza la quale la famosa applicata non esisterebbe.

Eppoi mi dicono torna

Perchè gli scienziati se ne vanno dall’Italia.

Desidero evidenziare pro­prio questo: il sistema antimeri­tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta­re a crescere; per questo moti­vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han­no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca.

Non è il caso isolato.

La ricerca scientifica come la vede il governo Berlusconi

precari inside

Sorgente immagine: http://www.bivacco.net/marco/

A volte perdiamo i pesi e le misure. A volte le cose sembrano incredibili.
Se l’editoriale di Nature (ri-)tratta della politica Italiana per quanto riguarda la ricerca la situazione è realmente preouccupante come ben sottolinea Marco.

Leggete tutti i numeri da Marco, che li ha tirati giù per benino qui e qui.

Io invece voglio farvi un paragone per capire perchè la ricerca sia importante per tutto il sistema Paese.

Un paragone, abbastanza impreciso, ma che può rendere l’idea.

Pensate all’energia che manda avanti la vostra casa, i vostri uffici, le fabbriche, i negozi, etc. E’ abbastanza chiaro a tutti che l’energia è un cardine della nostra vita e che non possiamo prescinderne. Si ha una vaga idea di come viene prodotta, ma non chiara.

La ricerca ha la stessa funzione. La ricerca crea nuovi posti di lavoro perchè scopre tecnologie, risolve dei problemi che dobbiamo affrontare e crea quel circolo virtuoso che permette la fioritura di tutti servizi aggiuntivi. La ricerca apre nuove prospettive inimmaginabili e nell’età della conoscenza, che è quella in cui ci ritroviamo a vivere, la ricerca rimane uno degli ambiti più importanti nell’economia di un paese. Non è facile e lineare capire come tutto questo avviene, il processo è complesso.

L’importante è capire che tutto questo avviene e che quando accendiamo l’interrutore della società, la ricerca è lì pronta a fare la sua parte.

Non comprendere questo significa non aver capito nulla della situazione. La ricerca, e con questi i suoi professionisti, i ricercatori, non è più un lusso.

La ricerca non è una spesa aggiuntiva, come crede Brunetta. La ricerca è una scelta strategica, che deve essere vista come tale e deve essere valorizzata. Ogni altra direzione pecca di miopia.

Non è più il 1800, quando le scoperte scientifiche venivano condotte da nobili o gente che aveva soldi e tempo per dedicarsi alla propria passione. Ora la ricerca è la strada maestra per l’innovazione di un paese che crea posti di lavoro e benessere.

La creazione di condizioni strutturali che aumentino il numero ed il conseguimento di scoperte od invenzioni è uno dei cardini per costruire un risanamento del sistema. E’ chiaro che non possiamo decidere quando e dove scoprire qualcosa, tuttavia se uno scienziato (e chiamiamo anche le cose con il loro nome) passa tutto il suo tempo dietro a burocrazia ed o malfunzionamenti è sicuramente una risorsa mal spesa. Se addirittura lo mandiamo a casa (od in un altro paese) questo porta ad un completo impoverimento del sistema e di una spinta strategica.

Senza uno dei motori portanti il paese è destinato a regredire e scendere nelle classifiche sotto a tutti gli altri. Già succede questo per quanto riguarda gli investimenti.

Cervelli in fuga

Io credo che questo articolo del Corriere che riporta gli stipendi dei ricercatori italiani, sommato alle condizioni assurde in cui ti trovi a lavorare nel bel paese fanno capire perchè la gente se ne và.

Lavorare in un paese dove prendi di meno che negli altri, dove l’assegnazione dei fondi non viene fatta su base meritocratica, dove le strutture sono insufficienti o fatiscenti se non assenti è impossibile.

Quindi la gente se ne và. E l’innovazione viene fatta altrove.

Mi sembra logico.